di Mauro Bottarelli,
(…..) A due mesi dal voto del 24 settembre, in Germania scoprono la “sindrome italiana” e vedono saltare le trattative per la nascita del governo di coalizione cosiddetto “Giamaica”, ovvero CDU-Liberali-Verdi. La deadline per i negoziati era stata fissata per le 18 di ieri ma per tutti era quasi scontato un protrarsi no-limirs nel tentativo di raggiungere un accordo.
Non è stato così, la proroga è durata solo il tempo di prendere atto definitivamente delle differenze insormontabili, dopodiché il leader del Liberali, Christian Lindner – come il mitico Big Ben di “Portobello” – ha detto stop.
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Merkel disperata
“E una questione di fiducia”, ha sancito netto. Fiducia inesistente, a quanto pare. E Angela Merkel, da statista qual è, non ha potuto che prendere atto del fallimento: “Serve serietà, ora si deve andare dal Presidente”, ha dichiarato a botta calda, riferendosi al colloqui che avrà oggi con la prima carica dello Stato, cui dovrà confermare l’irrituale nulla di fatto. E consegnare il destino politico del Paese.
Già, perché a questo punto le ipotesi sono due: mandato esplorativo prorogato per cercare un’altra alleanza possibile o ritorno alle urne, quest’ultimo il worst case scenario per tutti, visto che stamattina i futures davano il DAX a -0,80% in apertura. La SPD, alleato di governo della Merkel nell’ultima legislatura, per ora ha ribadito il no a una nuova Grosse Koalition e il motivo appare chiaro: dopo la clamorosa batosta di settembre, Martin Schulz ha tutto da guadagnare a restare fuori dal pantano delle trattative e veder indebolire politicamente la CDU in vista di un eventuale ritorno al voto. Stesso ragionamento, ancorché nessuno pensasse minimamente a un’ipotesi di suo coinvolgimento nelle trattative di governo, per Alternative fur Deutschland, felicissima di capitalizzare a costo pressoché zero uno dei temi di rottura fra Liberali e CDU: le politica migratoria. Il secondo fronte di attrito, invece, era direttamente riconducibile allo scontro fra Liberali e Verdi, con il partito della Merkel a tentare la mediazione: ovvero, la politica energetica. E senza bisogno di spendere fiumi di parole, questo grafico di Bloomberg.
mette in prospettiva la questione, almeno nelle estreme conseguenze: in Germania la produzione eolica è tale che le aziende del settore stanno di fatto pagando cittadini e aziende affinché utilizzino più energia e lo stanno facendo con una magnitudo di sconto che non si vedeva dal Natale del 2012. Insomma, per mantenere in equilibrio domanda e offerta, i prezzi negativi stanno incoraggiando i produttori a operare una duplice scelta: fermare le centrali o pagare gli utenti perché si sobbarchino l’extra-elettricità e sgravino la rete. Sembra proprio di essere in Italia.
Ma è la questione migranti a pesare. E per tutta Europa, non solo per la Germania. Per due ragioni, principalmente. Primo, quando ancora i negoziati erano in fase embrionale, la Merkel aveva giocato d’anticipo proponendo un tetto massimo annuale di 200mila ingressi, quasi un regalo di fidanzamento per i Liberali e le loro posizioni decisamente nette sul tema. Secondo, a porre sotto pressione la CDU sul tema non c’era solo il partito di Lindner ma anche gli alleati bavaresi della CSU, sempre più ribelli e sempre più intenzionati a far valere il peso politico per obbligare la Cancelliera a un voltafaccia netto rispetto alla politica sull’immigrazione messa in campo fino ad ora.
Insomma, una sconfessione della dottrina delle porte aperte del 2015 era la conditio sine qua non per abbattere tutte le resistenze degli alleati e presunti tali. Ma la Cancelliera, al netto del tetto già offerto, non voleva andare oltre, rimangiandosi l’impegno preso in campagna elettorale: il classico muro contro muro. Cui Merkel era pronta, peccato che Lindner abbia sparigliato le carte, facendo prima credere che la trattativa potesse andare oltre la deadline decisa e ribaltando poi il tavolo delle trattative, chiudendo unilateralmente i giochi. E svelando al Paese come il Re – anzi, a Regina – fosse politicamente meno vestita del solito. Quasi nuda, per dire la verità. E a far capire che qualcosa si più grande di un accordo di coalizione stia bollendo in pentola, lo fa capire lo sconcerto dei Verdi. Se infatti la Merkel si è definita delusa, “poiché si poteva trovare il filo per arrivare a un’intesa”, il capo negoziatore degli ambientalisti, Juergen Trittin, ha parlato di “choc e indignazione” per la decisione dei Liberali: “Voglio dire chiaramente che credo che avremmo potuto raggiungere un accordo. E anche che non sarebbe mancato neppure troppo tempo, per arrivare ad una intesa”.
Perché Lindner ha rotto e nel modo più plateale e doloroso possibile? Perché rinunciare all’approdo al governo, dopo aver riportato il partito in Parlamento, addirittura con la possibilità di ottenere il ministero delle Finanze? Davvero è tutto da ricondursi a una questione di mancanza di fiducia, quindi di serietà quasi parossistica verso gli elettori? O forse un vento nuovo sta cominciando a spirare in Europa, un vento di disgregazione che a trovato nei Liberali tedeschi l’accelerante per un incendio doloso più grande e pianificato? Ha nulla a che fare con il fallimento delle trattative, ad esempio la nuova svolta rigorista di BCE ed UE verso i Paesi meno virtuosi, leggi il duro attacco del vice-presidente della Commissione, Katainen, contro i nostri conti pubblici e i politici che li mistificano? Una cosa è certa, se si apre il fronte dell’instabilità tedesca, altro che indipendenza catalana (tra l’altro, avvenimento così storico da essere sparito dalle cronache come un omicidio di provincia).
Basti vedere cosa ha provocato in Italia la proposta dell’Eurotower relativa all’addendum, ovvero la copertura integrale delle sofferenze bancarie: se anche la guida di Berlino vacilla, cosa potrà accadere? Un’Europa a guida francese, visto anche lo strano evolversi della crisi libanese e la leadership unilaterale della stessa che Macron sembra volersi intestare? Oppure, rasoio di Occam alla mano, davvero i Liberali intendono porre la questione migranti come priorità e hanno rotto, non ottenendo rassicurazioni al riguardo? Il tifo sfegatato di Berlino delle ultime settimane per l’assegnazione a Bratislava dell’Agenzia europea del farmaco vuole dirci qualcosa al riguardo, ovvero una strizzata d’occhio al Gruppo di Visegrad dopo il voto austriaco e l’avvicinamento sempre più netto fra Vienna e Budapest sul tema proprio del contrasto all’immigrazione? Non lo so, lo ammetto ma questa prima pagina
de “Il Gazzettino” di oggi
Parla molto ma molto chiaro: il tema immigrazione pare sparito dai radar dei media nazionali ma sul territorio, fra le gente che andrà alle urne (o non ci andrà, visto il risultato della partecipazione di Ostia, dove il presidente di Municipio è diventata tale con le preferenze del 18% degli aventi diritto totali), è caldissimo.
A Cona, frazione di Mestre dove sono ospitati quasi duemila immigrati clandestini, la situazione è ormai esplosiva e le risorse fanno il bello e il cattivo tempo, con istituzioni e forze dell’ordine che assistono inermi allo spettacolo di una vera e propria presa di potere sul territorio. L’illegalità è diventata prassi quotidiana del non-convivere civile, il punto di non ritorno verso uno scoppio di esasperazione cresce pericolosamente di giorno in giorno, sottotraccia. Christian Lindner e i suoi avranno detto no a Frau Merkel per evitare questo o per un disegno di disgregazione europea più ampio che tuteli la Germania in vista della prossima crisi, vedi la scelta della Bundesbank di aver rimpatriato con due anni di anticipo tutto l’oro depositato all’estero? Temo che lo scopriremo presto. E, qualunque sia la riposta, non sarà una scoperta né piacevole, né tantomeno indolore.
Fonte: Rischio Calcolato